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Messaggio  Laurentius Ven Mar 19, 2010 10:27 pm

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Di Lorenzo Mercurio

Molti di più, fino a pochi decenni addietro, erano i luoghi in cui venivano accesi i consueti fuochi rituali, in occasione della solennità di San Giuseppe. Il Santo, « protettore dei falegnami, dei poveri, degli orfani, gode in Sicilia di grande devozione. Viene festeggiato in quasi tutti i paesi dell'Isola, e in taluni più di una volta con rituali sia pubblici sia privati » (Buttitta I. E., "Le fiamme dei santi", Meltemi, Roma, 2002, p. 57) . Inoltre bisogna tener conto che « le sue celebrazioni non cadono solo in prossimità del 19 marzo, ma si distendono anche lungo i due mesi successivi e da fine agosto a settembre » ('Ivi'). Palermo, nonostante i numerosi divieti per la relativa pericolosità dei falò rituali ('vampi') e nonostante la tradizione sia meno sentita che in passato, la tradizione appare ancora comunque abbastanza viva, almeno nei diversi suoi quartieri dove sia possibile avere a disposizione degli spazi aperti, in cui non solo sia possibile accendere un grande fuoco (che più grande risulta, meglio risponderà al fine, o ai fini, per cui è stato acceso), ma che possa anche dare la possibilità di assistere allo 'spettacolo' ad un certo numero di persone della propria comunità. Il fuoco delle 'vampi' – che sono chiamate così nel territorio del Palermitano, ma che possono essere chiamate in numerosi altri modi, come 'luminaria', 'dduminaria', 'a vampata', 'pagghiara', 'vamparìgghia' o 'luminàgghia', a seconda del luogo in cui vengono accesi – è di fatto « il tratto qualificante del rito » (‘Ibidem’, p. 200): con esso si bruciano le ‘cose vecchie’ (con un conseguenziale rinnovamento), ma non solo. Il fuoco non viene acceso soltanto per la solennità di San Giuseppe, ma in numerose altre feste annuali, come mostra la figura 1.
« La necessità della riproduzione periodica del rito, così fortemente avvertita, induce a ipotizzare una richiesta di garanzie forti [...]. Ora pare di essere innanzi ad un rito di passaggio, ora a un rituale agrario purificatorio, ora a una pratica terapeutica, ora la sua cadenza calendariale fa pensare a un rito solstiziale, ora pare si tratti di un fatto puramente funzionale (luce, calore) o un semplice segno di ‘festa’ » (‘Ibidem’, p. 201) o anche di « illuminare, o segnare, l’itinerario rituale o l’area interessata dal rito » (‘Ibidem’, p. 202), qualora si parlasse di un percorso processionale. Chiara è, ad ogni modo, la particolare concentrazione di festività legate al fuoco nel periodo che va dalla solennità dell’Immacolata (8 dicembre) fino al Venerdì Santo, tra cui troviamo i giorni di Santa Lucia, Natale, Capodanno (con i ‘fuochi’ d’artificio e i classici ‘botti’, ma non solo), l’Epifania, Sant’Antonio Abate, San Sebastiano, San Biagio, Martedì Grasso e San Giuseppe. Appare, quindi, abbastanza evidente un certo rapporto tra il fuoco ed il periodo più buio dell’anno, in cui le giornate sono più corte e in cui il sole pare elargire con minore generosità il suo calore e la sua luce, tutte qualità che il fuoco, di contro, possiede e a cui esso può sopperire.
Il quartiere Sant’Isidoro, a Palermo, è uno di quei quartieri che fino ad ora non ha mai mancato di adempiere il rito della ‘vampa’, in occasione della solennità di San Giuseppe. Almeno fino ad un paio d’anni fa, la costruzione (perché di una vera costruzione ‘ad oc’ si parla) della catasta da dare alle fiamme veniva iniziata a partire da almeno due mesi prima. Sono i bambini intorno ai 12 anni che hanno il compito di raccogliere quanta più legna possibile, insieme a frasche, vecchi mobili, strati di compensato, e marginalmente anche plastica o altro materiale infiammabile, così da poter costruire una catasta alta anche diversi metri. Da due anni a questa parte, a causa di uno sgarbo da parte di anonimi per il quale, nel 2008, la catasta è stata data alle fiamme ben due notti prima, la ‘vampa’ viene adesso costruita solo il giorno prima, nonostante il materiale da infiammare sia già stato raccolto a partire da diverse settimane e accatastato in maniera casuale sullo stesso luogo in cui sarebbe poi stata costruita la catasta vera e propria. “A mezzanotte, l’accendiamo”, rispondevano i bambini alle relative domande, riferendosi alla notte tra il 18 e il 19 marzo; ma in realtà l’orario di accensione è ogni anno intorno alle 22 o addirittura prima, dopo il tramonto del sole. Per l’occasione, a sentire i ragazzi più grandi che si sono soffermati innanzi al fuoco intorno alla mezzanotte, gran parte della popolazione di Sant’Isidoro si è riunita attorno al falò organizzato e acceso dai bambini, il cui ruolo è fondamentale per intuire l’eco strutturale del rito, che richiama a sua volta a quei riti di passaggio tipici di ambienti agro-pastorali, anch’essi strettamente correlati con il fuoco, che oggi hanno non perso ma mutato la ragione sociale che li contraddistingue. Chiaro, poi, che lo schema rituale di ogni singola ricorrenza festiva si inserisca nel circuito di un più ampio rituale annuale, quello del tempo circolare, e che esso risulti compatibile, anche se non del tutto, con il calendario festivo ciclico cristiano, di cui nascita, morte e risurrezione sono i temi che ne costituiscono, allo stesso modo, le fondamenta.

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Laurentius
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