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La globalizzazione dell'alimentazione nel XV secolo

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Messaggio  Sam Sab Apr 09, 2011 2:17 pm

Di Max Trimurti
www.storiain.net

Nel Nuovo Mondo gli Europei scoprono il mais e il peperoncino, portandovi a loro volta agrumi e canna da zucchero. Il 1492 è anche l'inizio di una globalizzazione dell'alimentazione.

La globalizzazione dell'alimentazione nel XV secolo Campo_10

Sin dai primi contatti con il Nuovo Mondo, gli europei sottolineano la ricchezza della vegetazione, la fertilità delle terre scoperte, l'abbondanza di derrate alimentari vegetali. Con l'oro estratto, i primi galeoni spagnoli portano a Siviglia frutti di cacao, grani di mais, bacche di peperoncino ed altre piante esotiche.
L'arrivo di piante straniere è certamente ben lungi dall'essere una novità in Occidente. Già dall'Antichità, si erano diffusi in Europa vegetali provenienti dall'Africa o dall'Asia, come ad esempio il ciliegio. Le spezie esotiche segnano in maniera significativa la cucina aristocratica medievale. All'indomani dei viaggi di Colombo, però, la situazione si presenta radicalmente differente. In un breve lasso di tempo, i primi esploratori si trovano di fronte a un gran numero di specie vegetali sconosciute: il mais, il cacao degli Aztechi, la patata degli Incas, il pomodoro, il peperoncino, i peperoni, la quinoa, la manioca e la patata dolce, senza dimenticare i numerosi membri della famiglia delle cucurbitacee (i vari tipi di zucca, ecc.) e numerosi frutti come ananas, avocado, fichi d'india, frutto della passione, noce di caju, goiaba, papaia, ecc. .

Una profusione di novità
Se qualche varietà esisteva già da una parte e l'altra dell'Atlantico, come i fagioli, la maggior parte di esse hanno il gusto della novità. Né Eva, né Adamo, né la Bibbia ne fanno cenno. Constatazione perlomeno di un certo turbamento per gente marcata dalla fissità della Creazione. Queste derrate sono ugualmente ignorate dai naturalisti antichi ed assenti dalle diete di salute medievali.
Quali possono essere le loro proprietà dietetiche? Questo nuovo tipo di alimentazione può essere sano per gli Europei? In linea di principio il discorso medico occidentale risulta ostile a queste novità. Un alimento sano è prima di tutto un alimento familiare, mentre qualsiasi cambiamento nutritivo rischia di produrre uno squilibrio negli umori responsabile di complicazioni digestive. I medici sono persuasi che una alimentazione può essere salubre in un dato clima e malsana sotto altri cieli. La constatazione della consumazione da parte degli indigeni, che per di più sono dei selvaggi non cristianizzati, non appare all'epoca un argomento ricevibile. Bruyeren Champier (nella sua De Re Cibaria, 1560) attribuisce la comparsa di nuove malattie alla sconsiderata introduzione di alimenti provenienti dalle Indie. Ad esempio, alcuni ritengono che la patata possa trasmettere la lebbra. I medici discutono con grande impegno sulle virtù e sui misfatti di nuove bevande stimolanti, recentemente arrivate dall'Asia, dall'Arabia o dall'America, come il tè, il caffè ed il cioccolato.
In un primo tempo, gli Europei stanno al gioco facendo riferimento all'analogia con quello che già conoscono. Il mais: una grossa spiga di cereale. L'ananas: una pigna di pino. Il peperoncino: un pepe molto più forte. La patata dolce e la patata: due grossi ravanelli bianchi dal sapore di castagna. Ma a che cosa assimilare l'avocado, il pomodoro ed il cacao ? Gli eruditi tentano, nonostante tutto, di trovare dei collegamenti con le autorità antiche e medievali nel settore. Una tappa fondamentale per europeizzare la pianta straniera; l'analogia è carica di conseguenze per il suo avvenire culinario.
Un primo paragone stabilito con un vegetale screditato comporta una durevole cattiva reputazione, come ad esempio la patata ed il pomodoro collegati alla sospetta mandragora, radice malefica connessa all'immaginario della stregoneria. L'assimilazione alla melanzana, legume specifico della cucina ebraica, contribuisce ugualmente ad una svalutazione del pomodoro. Persino il suo stesso odore non aiuta a migliorare le cose: acre e forte, segno di una sua possibile tossicità.
Di contro il peperoncino, immediatamente percepito come una spezia, viene a godere in pieno del suo paragone con il pepe. Gli Spagnoli lo chiameranno el pimento de las Indias (pepe delle Indie), e la sua declinazione al maschile contribuisce a corroborare una forza superiore di questa nuova spezia. Per quanto concerne il mais, vera "pianta di civiltà" nella Mesoamerica, esso viene accolto come l'equivalente del grano europeo, annunciando tuttavia il suo statuto di nutrimento del povero. Di fatto il mais non viene comparato al nobile frumento, ma piuttosto a cereali secondari come il sorgo, il miglio ed il panico.

Il "Purgatorio" del Giardino Botanico
Le piante precolombiane sbarcate in Occidente conoscono tutte il purgatorio dei giardini botanici, principeschi ed ecclesiastici. Arrivate come delle curiosità, vengono scambiate a tale titolo. Nel corso della seconda metà del XVI secolo, la patata, originaria del Perù, circola come una singolarità botanica dalla Spagna all'Italia, dalle Fiandre agli Stati tedeschi. Alcuni di questi vegetali americani saranno, per un certo periodo, coltivati unicamente come piante ornamentali, come ad esempio le varie specie di pomodoro nel corso dei secoli XVI e XVII, oppure il peperoncino, denominato in Francia "corallo del giardino".
Le nuove piante vengono anche osservate, studiate e battezzate. Ci si interessa al loro ciclo vegetativo, alla loro più o meno buona resistenza alle condizioni climatiche locali. Il giardino consente di familiarizzarsi con tali piante, di integrarle in un contesto di prossimità con l'uomo al fine di naturalizzarle. Alcune diventeranno piante ortive (peperoncino, pomodori), altre, più robuste, lasceranno il giardino per essere coltivate nei campi (mais, patate).
Nell'attesa, il purgatorio ortivo può rivelarsi particolarmente lungo: a volte anche diversi secoli. Alcuni vegetali non supereranno mai lo stadio della curiosità, sia per evidenti ragioni climatiche sia per delle questioni di gusto e di mode culinarie. E' il caso del peperoncino, che in Francia non interessa ad una nuova cucina che si allontana sempre più dalle spezie, mentre si impone in Spagna ed in Italia meridionale sin dalla prima metà del XVI secolo.
Il mais, portato da Colombo nel 1493, viene inizialmente coltivato, nel corso del XVI secolo, in Andalusia, nella Castiglia ed in Catalogna. Lo ritroviamo anche in Italia, allora sotto influenza spagnola. In Francia il mais si impianta durevolmente nel sudovest a partire dalla prima metà del XVII secolo. Questa acclimatazione meridionale si ricollega alle abitudini agricole ed alimentari preesistenti. Il cereale si integra perfettamente nel ciclo di rotazione delle colture e, approfittando delle buone condizioni climatiche, offre anche dei rendimenti decisamente elevati rispetto a cereali secondari autoctoni, ai quali si sostituisce. La sua immagine, però, soffrirà molto del fatto di essere utilizzato per nutrire gli animali e di venire utilizzato come cereale di sostituzione in caso di carestia.
La patata, ugualmente percepita come un alimento povero, condivide con il mais le sue caratteristiche negative, senza peraltro beneficiare del suo statuto di cereale. Pianta sotterranea, terrosa ed umida, il tubercolo americano è un alimento poco raffinato, disprezzato dalla aristocrazia, se non nei periodi di mortificazione alimentare. Di norma la patata serve per ingrassare i maiali. Essa si sostituisce ai cereali in caso di forte aumento dei prezzi ed entra a far parte delle ricette di risi economici, delle zuppe distribuite ai poveri in occasioni di carestie. Per molto tempo il suo consumo è stato percepito come una regressione, in attesa del ritorno del pane. La sua espansione in Europa nel corso del XVII secolo è largamente connessa alle miserie del tempo: colonizzazione inglese in Irlanda; guerra dei Trent'anni, guerre di Luigi XIV in Lorena, in Alsazia ed in Germania.
Fra gusto e necessità, il principale ostacolo alla diffusione del tubercolo americano resta il primato dei cereali. L'ossessione di una sua possibile trasformazione in pane ha avuto effetto nel ritardare la sua acclimatazione, in quanto la fecola di patata non risultava panificabile. Non solamente essa viene pensata come un surrogato dei cereali, ma per di più, in un sistema agricolo interamente orientato verso la produzione di grano, i contadini temevano che la cultura della patata potesse svilupparsi a scapito dei cereali. In tal modo, il suo consumo rende preliminarmente necessaria la sua esclusione dal mondo dei cereali e l'invenzione di una cucina appropriata, potendo la insipidezza della sua polpa diventare una carta vincente.
Le nuove piante vengono dunque adottate nella misura in cui risultano compatibili con i gusti occidentali e con le tecniche culinarie preesistenti. L'ibridazione culinaria non è in questo caso l'imitazione di una cucina esotica ma una cucina che rimane nella sua grammatica di base, occidentale.

Inventare una cucina appropriata
Cammin facendo, compaiono nondimeno dei nuovi odori, colori e sapori culinari. Il mais, sostituendosi nei campi ai cereali secondari, logicamente li rimpiazza nella confezione delle pappe ancestrali. La polenta, da grigia, diventa gialla. Allo stesso modo, la forza del peperoncino ed il suo statuto di spezia interessano gli Occidentali, ignorando così grandemente la sue varietà dolci (il peperone). Le sue bacche, seccate, danno gusto alle salse di un Europa meridionale adepta di una cucina più sapida, più speziata. Il peperoncino, o "pepe del povero", consente di ottenere una spezia dal costo moderato.
Se il peperoncino entra in alcune salse in America come in Europa, per altre derrate del Nuovo Mondo si rivela necessario un adattamento culinario preliminare. In tale contesto i coloni spagnoli apprezzano poco l'uso azteco di consumare il cacao misto col peperoncino, pur essendo affascinati dalla potenza e dalla voluttà attribuita a tale bevanda. Una volta corretto l'amaro delle fave di cacao con l'aggiunta di zucchero di canna, il cioccolato europeizzato conquista l'aristocrazia spagnola del secolo d'oro. Dalla penisola iberica, la bevanda si diffonde poi in tutto l'Occidente, specialmente attraverso le comunità religiose.
Per quanto riguarda il pomodoro, non assomigliando a nessuno dei legumi normalmente
consumati in Europa, esso tarda ad accedere alla tavola, tanto più che la cultura alimentare europea lo squalifica. Spaventata dallo spettro della carestia, la popolazione ricerca degli alimenti che danno sazietà. L'acidità del frutto gli consente tuttavia di entrare a far parte del mondo delle salse. Cucinato come un condimento, il pomodoro riesce ad imporsi in Spagna ed anche in Italia nel corso del XVII secolo. La prima ricetta di una salsa di pomodoro sarà stampata nel 1692, duecento anni dopo la scoperta dell'America.
Questa epopea di piante alimentari non si realizza solamente nella direzione America-Europa. Le cucine precolombiane entrano anche loro in una fase di ibridazione grazie all'introduzione delle nuove derrate alimentari, di nuove tecniche culinarie (la frittura) e, soprattutto, dal confronto diretto con la cultura alimentare dell'invasore spagnolo.
Per il loro rifornimento, gli Europei introducono nel Nuovo Mondo delle piante originarie dell'Africa, dell'Europa e dell'Asia, come gli agrumi, e soprattutto, la canna da zucchero e la pianta del caffè. Certamente non è per le sue piante indigene che il Nuovo Mondo ha rivestito un ruolo immediato nella storia dell'alimentazione, piuttosto perché ha consentito il primo boom zuccheriero ed una risposta adeguata ad una crescita della domanda di caffè. Dal XVIII secolo, il gusto del risveglio ha cambiato le abitudini di numerosi occidentali che vivono in città. Le bibite esotiche zuccherate fanno concorrenza al vino ed alla zuppa del mattino. Esse tendono ugualmente a fare concorrenza allo stesso vino nei momenti di socievolezza.
Gli Occidentali contribuiscono ugualmente a diffondere, in Africa ed in Asia, numerose piante americane, come la manioca ed il peperoncino. Le cucine africane ed asiatiche cominceranno a diventare da speziate a pepate. Il 1492 rappresenta quindi anche l'avvio di una prima forma di globalizzazione alimentare e di una lenta ibridazione culinaria, contestata dall'America spagnola ed occultata in Occidente. E tuttavia potremmo pensare oggi ad una cucina autenticamente napoletana senza pomodori, una cucina basca senza peperoni, una calabrese senza peperoncino oppure una belga senza patate? Anche lo stesso impiego dei fagioli in numerosi piatti, cosiddetti regionali, non avrebbe mai potuto esistere senza questi legumi di origine precolombiana.

BIBLIOGRAFIA

* M. Carmignani, Le isole del lusso. Prodotti esotici, nuovi consumi e cultura economica europea 1650-1800 - UTET, Torino, 2010
* F. Braudel, Civiltà materiale, economia e capitalismo. Le strutture del quotidiano (secoli XV-XVIII) - Einaudi, Torino, 1979
* Saltini Antonio, I semi della civiltà. Frumento, mais e riso nella storia delle società uman>e- Avenue Media, 1996


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