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LA BATTAGLIA DELLE TERMOPILI
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LA BATTAGLIA DELLE TERMOPILI
La battaglia delle Termopili ebbe luogo nell'agosto del 480 a.C. tra una alleanza di città-stato greche e l'Impero persiano degli Achemenidi. Dopo la sconfitta a Maratona, re Dario I indisse una leva militare in tutto l'impero per lavare l'onta subita, ma una rivolta in Egitto a Mileto procrastinò la missione in Grecia e la sua morte nel 486 a.C. lasciò tutto nelle mani del figlio Serse I, il quale dovette prima sopprimere le sollevazioni popolari nella satrapia imperiale di Babilonia. Nel 482 a.C. divise amministrativamente la regione in due, limitando il potere dei satrapi e potendo così dedicarsi a continuare l'opera del padre. Mosse, quindi da Susa con l'esercito fino in Cappadocia presso Kritalla, poi a Celene, in Frigia sul Meandro, poi in Anatolia a Sardi in Lidia.
Da qui mandò i suoi emissari nei territori del mondo ellenico, per garantirsi una via di accesso alla Grecia meno difficoltosa, chiedendo la resa e l'assoggezione alla Persia.
Dopo di che mosse per l'Ellesponto da Sardi, scendendo lungo il corso dell'Ermo, andando a nord fino a Magnesia e poi verso Elaia di fronte a Lesbo percorse la costa giungendo ad Adramittio in Troade e poi Abido. Qui fece costruire due ponti di barche per attraversare l'Ellesponto e sbarcare a Sesto con il suo smisurato esercito, si fermò quindi a Dorisco sulla foce dell'Ebro.
Secondo lo storico Erodoto, la spedizione di Serse era formata da circa quattro milioni e settecentomila uomini: 1.800.000 combattenti asiatici, 300.000 di altra nazionalità comandati da 6 generali di corpo d'armata, di cui 2 di cavalleria con 29 generali subalterni (1 per nazione) e 2.600.000 uomini che non facevano parte dell'esercito. La flotta contava 1.200 triremi e 3.000 navi da trasporto con 250.000 uomini di nazionalità persiana, meda e sacia; Erodoto enumerò: i 300 vascelli di Sidone, i 200 provenienti dall'Egitto, i 150 di Cipro, i 100 della Cilicia, i 5 sotto il comando della regina Artemisia di Alicarnasso, il resto provenienti da Panfilia, Licia e Caria. Mentre il poeta Simonide stimò in circa tre milioni, il totale degli uomini della spedizione persiana, Erodoto racconta che l'esercito bevve fiumi interi prosciugandoli e mangiò provviste destinate ad intere città.
Queste erano ovviamente esagerazioni: è inconcepibile che i Persiani potessero spostare un numero così enorme di soldati, comunque tale dovizia di dettagli fa pensare che Erodoto avesse a disposizione documenti ufficiali, forse degli effettivi dell'impero persiano del periodo. Tuttavia, anche se è impossibile che le unità di terra di Serse superassero i 300.000 effettivi (dato che i generali di Baivarabam erano 29), era un numero comunque enorme e ineguagliato.
Alla morte di Milziade, furono Temistocle, Aristide e Cimone a contendersi il potere ad Atene; ne uscì vincitore Temistocle, grazie alla proposta di una politica estera più marcata e la costruzione di una flotta seconda, nel mondo greco, solo a quella di Siracusa.
In vista del grave pericolo, le poleis greche misero da parte i contrasti interni e riuscirono ad accordarsi, formando un'alleanza guidata da Sparta, mentre Argo, in odore di medismo (simpatie per i Persiani) chiese il comando della lega e 30 anni di pace con la odiata Sparta. Oltre la defezione di tale città, a Corinto – sede dell'alleanza – giunse il rifiuto di Creta, Gelone di Siracusa disse che aveva problemi con Cartagine e Corcira promise 60 navi mai inviate. Arrivò invece una nave da parte di Crotone, solo in occasione della battaglia di Salamina.
Nel frattempo Serse fece scavare un canale, detto appunto il Canale di Serse, tagliando l'istmo della più orientale delle tre propaggini che costituiscono la penisola calcidica (vale a dire il promontorio del Monte Athos), per non rischiare la flotta circumnavigandolo e giunse poi in Macedonia, sua alleata per motivi di convenienza, visto che i Persiani tenevano a bada gli Sciti, loro nemici.
Sebbene il comando delle operazioni fosse in mano agli spartani, la cui strategia era per una difesa sull'istmo di Corinto, per evitare uno sbarco nel Peloponneso, gli ateniesi fecero pesare la loro presenza nella Lega sostenendo che non impegnare l'esercito persiano fosse sbagliato e che non fosse saggio sacrificare la città di Atene senza colpo ferire. Si decise quindi di mettere in difficoltà la forza di invasione terrestre di Serse e di cercare di sconfiggere le forze marittime, dato che senza flotta l'esercito persiano avrebbe avuto difficoltà logistiche e sarebbe stato costretto a lasciare la Grecia.
Il piano originale dei Greci, elaborato dietro suggerimento dei tessali, prevedeva di bloccare l'avanzata persiana nella stretta valle di Tempe (lungo il fiume Peneo ai piedi dell'Olimpo) che si riteneva sarebbe stata attraversata dall'armata di Serse. La Lega inviò al passo una forza di 10000 opliti ma, qui giunti, i soldati furono avvisati da Alessandro I di Macedonia che la valle di Tempe poteva essere aggirata tramite il passo di Sarantoporo. I Greci furono quindi costretti a ritirarsi.
Venne quindi elaborata da Temistocle una nuova strategia: la difesa dello stretto passo delle Termopili. Il passo, fiancheggiato da un lato da montagne scoscese, dall'altro dal mare, era adatto alla difesa e rappresentava un passaggio obbligato per le truppe persiane dirette verso la Beozia, l'Attica o il Peloponneso.
Il re spartano Leonida I venne inviato al passo con una parte dell'esercito a bloccare l'armata di terra persiana mentre, per impedire l'aggiramento via mare del blocco di Leonida, una flotta della Lega avrebbe presidiato capo Artemisio e il promontorio dell'Eubea.
All'iniziale distaccamento spartano di Leonida e della sua guardia del corpo, composta da 300 opliti spartani, si aggiunsero, secondo Erodoto, 3000 Peloponnesiaci:
700 da Tegea,
500 da Mantinea,
120 da Orcomeno,
1000 dall'Arcadia,
400 da Corinto,
200 da Fliunte,
80 da Micene.
Da altre città, sempre secondo Erodoto, giunsero 2150 guerrieri:
700 da Tespi comandati da Demofilo,
450 da Tebe comandati da Leonziade,
1000 focesi,
un numero imprecisato di locridi;
Diodoro Siculo non annovera i tespi tra le forze presenti alle Termopili ma aggiunge un numero imprecisato di malidi;
Tutte queste forze erano seguite dai rispettivi scudieri, che fungevano da fanteria leggera, nonché da un numero imprecisato di iloti.
Le forze greche, per un totale di circa 6000-7000 uomini, iniziarono la battaglia nell'agosto del 480 a.C. contro una forza di molte decine di migliaia di soldati persiani (alcuni storici stimano fino a 250000 i combattenti di Serse). Ai combattenti greci fu detto che rappresentavano solo l'avanguardia dell'esercito della Lega, che si sarebbe unito a loro entro breve. Leonida mirava a tenere il passo il più a lungo possibile per dare modo al resto delle città greche di radunare truppe e navi, e far così fallire l'invasione persiana con una battaglia navale.
Nel frattempo la flotta e l'esercito persiano si congiunsero nei pressi del golfo Termaico, poi sulla penisola di Pallene, mentre l'esercito attraversata la Tessaglia giunse in Trachide (presso la città di Trachis), regione posta tra i fiumi Asopo e Melas. Nelle successive due settimane ciò che avvenne sul passo delle Termopili e al capo Artemisio è da considerarsi parte di un'unica battaglia, dove un fronte condiziona l'altro, ma la successione degli eventi fu talmente confusa nei 3 giorni di scontro terrestre, che la seguente è solo una delle possibili ricostruzioni.
Sullo stretto Leonida scelse di attestarsi sulla porta centrale, dove fece ricostruire l'antico muro focese, mentre venne avvertito dai Malii della presenza del sentiero detto dell'Anopaia. Per chiudere questa potenziale via di aggiramento distaccò un contingente di mille uomini, in gran parte Focesi.
Serse non credeva che un esercito di poche migliaia di uomini gli si potesse opporre, e diede ai Greci cinque giorni per ritirarsi. Vista l'ostinazione promise a Leonida la carica di satrapo dell'Ellade, qualora si fosse arreso e per tutta risposta si senti dire che era già re e non intendeva diventare satrapo.
Nel frattempo la flotta non riusciva ad avanzare, bloccata dalle veloci navi ateniesi a capo Artemisio dove lo stratega era Temistocle.
È celebre un piccolo aneddoto: alcuni disertori dell'esercito persiano (per lo più Greci arruolati con la forza) avevano dichiarato che i Persiani erano così tanti da oscurare il sole con le loro frecce; gli spartani risposero «Bene, allora combatteremo nell'ombra». Questa frase venne attribuita da Erodoto a un soldato spartano di nome Dienece, del quale ricorda il coraggio nel pronunciare tali parole.
Informato degli intoppi via mare, Serse si concentrò sull'avanzata via terra e attaccò con due contingenti, scelti in gran parte tra coloro che avevano perso dei parenti a Maratona.
I Persiani attaccavano la postazione greca a gruppi di 10.000 soldati per volta tentando assalti frontali con frecce e corte lance, ma non riuscivano a rompere le formazioni degli opliti Greci, armati di lunghe lance. La prima ondata ad arrivare sui Greci fu quella dei medi comandata da Tigranes, che assaltarono con entusiasmo ma furono respinti. Gli spartani infatti, posti in prima linea, formavano tutti uniti un muro di scudi e picche impenetrabile e respinsero con violenza gli assalitori, che arretrarono subendo gravi perdite. La seconda ondata fu dei cissi provenienti da Susa equipaggiati con un grande scudo ma anche loro fallirono miseramente. Tentarono anche di aggirare il nemico dal lato della costa, coprendo lo sbarco con un massiccio lancio di frecce lungo la costa, ma molti caddero a causa delle zone paludose, che non permettevano di approdare con facilità. Così dovettero abbandonare anche questa tattica. I Persiani avrebbero potuto tentare di colpire i Greci con giavellotti e frecce, ma la carica frontale sembrò la soluzione più rapida e, forse, l'unica che potesse essere adottata, in quanto i Greci avrebbero potuto avanzare per colmare la distanza con un eventuale schieramento di arcieri, tornando ad una situazione di lotta corpo a corpo. Il giorno successivo Serse schierò in campo le sue truppe migliori, i diecimila Immortali, comandati da Idarne, che non ebbero maggior fortuna. I Greci combattevano a turno, concedendosi un po' di riposo da quel massacro, si accasciavano a terra sudati e sporchi di sangue per poi rialzarsi e tornare a combattere.
Resosi conto delle difficoltà dell'avanzata, Serse - che era convinto di sfondare via mare - si decise ad usare il sentiero dell'Anopaia, che sicuramente già conosceva, ma che non voleva usare ben sapendo delle difficoltà di una manovra notturna. Fu un pastore di nome Efialte che guidò i Persiani sul sentiero (venne ucciso in seguito da un sicario dopo che fu posta una taglia sulla sua testa).
La strada era difesa dai focesi che erano stati distaccati su quel passo due giorni prima. Essi però non si aspettavano un attacco dei persiani per cui, quando furono attaccati dagli Immortali di Serse, offrirono una ben debole resistenza, preferendo difendere la strada per la Focide, consentendo ai Persiani di avanzare incontrastati.
Leonida riunì il consiglio di guerra, del quale a noi è giunta questa versione:
Il re spartano ordinò agli alleati greci di ritirarsi dato che lo scacchiere sulle Termopili era perduto decidendo di limitare il sacrificio agli spartani, i quali non si ritirano mai; con loro i tebani, di cui Leonida non sapeva se fidarsi o meno, i quali non potevano certo tornare nella loro città alleata dei persiani e di utilizzare nella retroguardia i tespiesi che vollero rimanere per scelta. C'era poi la profezia dell'oracolo di Delfi, il quale aveva presagito che per salvare Sparta e quindi tutta la Grecia si doveva piangere un re lacedemone.
« La versione è poco verosimile per diversi motivi: le maldicenze nei confronti dei tebani di Leonziade furono smentite dal fatto che essi vennero trucidati finita la battaglia o resi schiavi; l'obbligo di non retrocedere degli spartani venne smentito dai comandanti Euribiade e Pausania, per i quali la ritirata strategica faceva parte della loro condotta bellica. [...] i greci si erano lasciati da tempo indietro qualsiasi atteggiamento bellico caratteristico dei popoli primitivi e dell'età eroica.
Quindi probabilmente fece un errore di valutazione, credendo non percorribile dalle forze di Idarne il sentiero dell'Anopaia, pensò ad un percorso di accerchiamento più a sud dove inviò gli alleati ad intercettarlo, tenendo le truppe migliori a presidiare il passo.»
Quando Serse intimò agli ultimi oppositori greci di arrendersi e consegnare le armi, re Leonida rispose sprezzante con una sola frase: "Μολὼν λαβέ", "Venite a prendervele!". Al rifiuto della resa dei greci, i persiani risposero sferrando loro l'ultimo decisivo assalto, sicuri che Idarne avrebbe attaccato alle spalle. Lo scontro fu più deciso e costò la vita a Leonida che si trovava naturalmente in prima linea e a due fratelli del "re dei re". Gli spartani e i tespiesi superstiti si rifugiarono sul colle Kolonos, che sovrastava le Termopili dove tentarono di resistere proteggendo il corpo del loro re caduto. Verso mezzogiorno giunse anche Idarne e Serse ordinò che i superstiti fossero finiti con le frecce per non perdere altri uomini.
Secondo Erodoto la testa di Leonida venne affissa ad una picca, per vendetta nei suoi confronti e come atto intimidatorio per i greci; secondo altri il corpo del re spartano venne recuperato e sepolto a Sparta con tutti gli onori. Sorte non migliore ebbero i tebani che rimasti intrappolati sul muro focese, dopo aver combattuto isolati, si arresero per venir marchiati a fuoco e resi schiavi.
I cronisti greci stimano che complessivamente più di ventimila furono i morti tra i persiani, compresi due fratelli di Serse (Habrocomes e Hyperanthes). Erodoto ci tramanda che tra i guerrieri greci due sopravvissero al massacro delle Termopili. Uno dei due, Pantite, si suicidò per la vergogna e il disonore, mentre l'altro di nome Aristodemo tornò a Sparta. In patria però il sopravvissuto venne disprezzato e rinnegato da tutti, e fu anche accusato di codardia. Nonostante ciò Erodoto ci dice che Aristodemo riuscì a riscattarsi un anno dopo, cercando disperatamente una morte gloriosa nella vittoriosa battaglia di Platea.
Il sacrificio dei 300 spartani e dei 700 tespiesi presso le Termopili non fu vano. Esso consentì ai Greci di riorganizzare le difese e di sconfiggere durante quell'autunno e la primavera successiva l'esercito persiano presso Salamina e Platea.
Oggi sul luogo della battaglia esiste un monumento moderno dedicato al re Leonida ed ai suoi guerrieri. Su di esso vi sono incise le parole che il re Leonida pronunciò in risposta ai persiani che intimavano la consegna delle armi:
« Venite a prendervele! »
Mentre allora venne eretta una statua raffigurante un leone, nel luogo dove morì Leonida, per commemorare il suo sacrificio e quello dei suoi uomini.
Inoltre nello stesso sito fu posta una stele di pietra con dei versi attribuiti al poeta Simonide che riportava le seguenti parole:
(GRC)
« ὦ ξεῖν', ἀγγέλλειν Λακεδαιμονίοις ὅτι τῇδε
κείμεθα τοῖς κείνων ῥήμασι πειθόμενοι »
(IT)
« O viandante, annuncia agli Spartani che qui
noi morimmo obbedienti al loro comando. »
(Erodoto, Storie, vii.228)
Questi versi li possiamo leggere ancora oggi, incisi su di una lapide moderna posta sulla cima della collina di Kolonos, dove avvenne l'ultima disperata resistenza.
Contemporaneamente agli eventi delle Termopili si combatté la battaglia navale del capo Artemisio che si concluse con esito incerto. In seguito a ciò le navi greche furono indotte a ritirarsi ed i persiani ne approfittarono per prendere il controllo del mare Egeo e di tutta la Grecia fino all'Attica; gli spartani si prepararono a difendere l'istmo di Corinto ed il Peloponneso. Serse saccheggiò Atene che nel frattempo era stata abbandonata dai suoi abitanti, rifugiatisi sull'isola di Salamina. In settembre i greci e i persiani si scontreranno nuovamente nella Battaglia di Salamina.
L'INTERESSE DEI MEDIA PER LA BATTAGLIA DELLE TERMOPILI
La battaglia delle Termopili, essendo una battaglia combattuta da pochi uomini contro un grande esercito, ha una sua innegabile potenza evocativa e viene spesso ricordata dai media.
- Nel 1962 ne venne realizzato un adattamento cinematografico chiamato The 300 Spartans.
- Il famoso scrittore di fumetti Frank Miller ha pubblicato un'opera intitolata 300 che si ispira alla sorte dei 300 spartani che si sacrificarono insieme al proprio re, e che è una libera e violenta trasposizione del film del 1962, visto dal Miller bambino. Da questo fumetto è stato a sua volta tratto l'omonimo film prodotto nel 2006 e distribuito nel 2007.
- Il fumetto di Miller è stato infine oggetto di una parodia realizzata da Leonardo (Leo) Ortolani nel fumetto Rat-Man (n° 62 e 63).
- Nel fumetto Mort Cinder il protagonista vive un'avventura in cui partecipa a questa battaglia e sopravvive.
- Nel film L'ultimo samurai del 2003 il protagonista, Capitano Nathan Algren, parlando con il samurai Katsumoto, cita la battaglia quale grande esempio di coraggio e onore.
- Molti sono i romanzi che narrano i fatti avvenuti presso il passo delle Termopili. Tra questi quello di Andrea Frediani 300 Guerrieri, Le Porte di Fuoco di Steven Pressfield e Lo scudo di Talos di Valerio Massimo Manfredi il cui perno della trama ruota in parte anche su questo evento storico.
- Il numero 226 (febbraio 1986) del fumetto americano Uncanny X-Men è intitolato "Go tell the Spartans", in quanto i protagonisti della serie si sacrificano per fermare l'Avversario (in italiano è stato pubblicato da Star Comics nel numero 30 de "Gli Incredibili X-Men" col titolo "Ditelo a Sparta" nel dicembre 1992).
Da qui mandò i suoi emissari nei territori del mondo ellenico, per garantirsi una via di accesso alla Grecia meno difficoltosa, chiedendo la resa e l'assoggezione alla Persia.
Dopo di che mosse per l'Ellesponto da Sardi, scendendo lungo il corso dell'Ermo, andando a nord fino a Magnesia e poi verso Elaia di fronte a Lesbo percorse la costa giungendo ad Adramittio in Troade e poi Abido. Qui fece costruire due ponti di barche per attraversare l'Ellesponto e sbarcare a Sesto con il suo smisurato esercito, si fermò quindi a Dorisco sulla foce dell'Ebro.
Secondo lo storico Erodoto, la spedizione di Serse era formata da circa quattro milioni e settecentomila uomini: 1.800.000 combattenti asiatici, 300.000 di altra nazionalità comandati da 6 generali di corpo d'armata, di cui 2 di cavalleria con 29 generali subalterni (1 per nazione) e 2.600.000 uomini che non facevano parte dell'esercito. La flotta contava 1.200 triremi e 3.000 navi da trasporto con 250.000 uomini di nazionalità persiana, meda e sacia; Erodoto enumerò: i 300 vascelli di Sidone, i 200 provenienti dall'Egitto, i 150 di Cipro, i 100 della Cilicia, i 5 sotto il comando della regina Artemisia di Alicarnasso, il resto provenienti da Panfilia, Licia e Caria. Mentre il poeta Simonide stimò in circa tre milioni, il totale degli uomini della spedizione persiana, Erodoto racconta che l'esercito bevve fiumi interi prosciugandoli e mangiò provviste destinate ad intere città.
Queste erano ovviamente esagerazioni: è inconcepibile che i Persiani potessero spostare un numero così enorme di soldati, comunque tale dovizia di dettagli fa pensare che Erodoto avesse a disposizione documenti ufficiali, forse degli effettivi dell'impero persiano del periodo. Tuttavia, anche se è impossibile che le unità di terra di Serse superassero i 300.000 effettivi (dato che i generali di Baivarabam erano 29), era un numero comunque enorme e ineguagliato.
Alla morte di Milziade, furono Temistocle, Aristide e Cimone a contendersi il potere ad Atene; ne uscì vincitore Temistocle, grazie alla proposta di una politica estera più marcata e la costruzione di una flotta seconda, nel mondo greco, solo a quella di Siracusa.
In vista del grave pericolo, le poleis greche misero da parte i contrasti interni e riuscirono ad accordarsi, formando un'alleanza guidata da Sparta, mentre Argo, in odore di medismo (simpatie per i Persiani) chiese il comando della lega e 30 anni di pace con la odiata Sparta. Oltre la defezione di tale città, a Corinto – sede dell'alleanza – giunse il rifiuto di Creta, Gelone di Siracusa disse che aveva problemi con Cartagine e Corcira promise 60 navi mai inviate. Arrivò invece una nave da parte di Crotone, solo in occasione della battaglia di Salamina.
Nel frattempo Serse fece scavare un canale, detto appunto il Canale di Serse, tagliando l'istmo della più orientale delle tre propaggini che costituiscono la penisola calcidica (vale a dire il promontorio del Monte Athos), per non rischiare la flotta circumnavigandolo e giunse poi in Macedonia, sua alleata per motivi di convenienza, visto che i Persiani tenevano a bada gli Sciti, loro nemici.
Sebbene il comando delle operazioni fosse in mano agli spartani, la cui strategia era per una difesa sull'istmo di Corinto, per evitare uno sbarco nel Peloponneso, gli ateniesi fecero pesare la loro presenza nella Lega sostenendo che non impegnare l'esercito persiano fosse sbagliato e che non fosse saggio sacrificare la città di Atene senza colpo ferire. Si decise quindi di mettere in difficoltà la forza di invasione terrestre di Serse e di cercare di sconfiggere le forze marittime, dato che senza flotta l'esercito persiano avrebbe avuto difficoltà logistiche e sarebbe stato costretto a lasciare la Grecia.
Il piano originale dei Greci, elaborato dietro suggerimento dei tessali, prevedeva di bloccare l'avanzata persiana nella stretta valle di Tempe (lungo il fiume Peneo ai piedi dell'Olimpo) che si riteneva sarebbe stata attraversata dall'armata di Serse. La Lega inviò al passo una forza di 10000 opliti ma, qui giunti, i soldati furono avvisati da Alessandro I di Macedonia che la valle di Tempe poteva essere aggirata tramite il passo di Sarantoporo. I Greci furono quindi costretti a ritirarsi.
Venne quindi elaborata da Temistocle una nuova strategia: la difesa dello stretto passo delle Termopili. Il passo, fiancheggiato da un lato da montagne scoscese, dall'altro dal mare, era adatto alla difesa e rappresentava un passaggio obbligato per le truppe persiane dirette verso la Beozia, l'Attica o il Peloponneso.
Il re spartano Leonida I venne inviato al passo con una parte dell'esercito a bloccare l'armata di terra persiana mentre, per impedire l'aggiramento via mare del blocco di Leonida, una flotta della Lega avrebbe presidiato capo Artemisio e il promontorio dell'Eubea.
All'iniziale distaccamento spartano di Leonida e della sua guardia del corpo, composta da 300 opliti spartani, si aggiunsero, secondo Erodoto, 3000 Peloponnesiaci:
700 da Tegea,
500 da Mantinea,
120 da Orcomeno,
1000 dall'Arcadia,
400 da Corinto,
200 da Fliunte,
80 da Micene.
Da altre città, sempre secondo Erodoto, giunsero 2150 guerrieri:
700 da Tespi comandati da Demofilo,
450 da Tebe comandati da Leonziade,
1000 focesi,
un numero imprecisato di locridi;
Diodoro Siculo non annovera i tespi tra le forze presenti alle Termopili ma aggiunge un numero imprecisato di malidi;
Tutte queste forze erano seguite dai rispettivi scudieri, che fungevano da fanteria leggera, nonché da un numero imprecisato di iloti.
Le forze greche, per un totale di circa 6000-7000 uomini, iniziarono la battaglia nell'agosto del 480 a.C. contro una forza di molte decine di migliaia di soldati persiani (alcuni storici stimano fino a 250000 i combattenti di Serse). Ai combattenti greci fu detto che rappresentavano solo l'avanguardia dell'esercito della Lega, che si sarebbe unito a loro entro breve. Leonida mirava a tenere il passo il più a lungo possibile per dare modo al resto delle città greche di radunare truppe e navi, e far così fallire l'invasione persiana con una battaglia navale.
Nel frattempo la flotta e l'esercito persiano si congiunsero nei pressi del golfo Termaico, poi sulla penisola di Pallene, mentre l'esercito attraversata la Tessaglia giunse in Trachide (presso la città di Trachis), regione posta tra i fiumi Asopo e Melas. Nelle successive due settimane ciò che avvenne sul passo delle Termopili e al capo Artemisio è da considerarsi parte di un'unica battaglia, dove un fronte condiziona l'altro, ma la successione degli eventi fu talmente confusa nei 3 giorni di scontro terrestre, che la seguente è solo una delle possibili ricostruzioni.
Sullo stretto Leonida scelse di attestarsi sulla porta centrale, dove fece ricostruire l'antico muro focese, mentre venne avvertito dai Malii della presenza del sentiero detto dell'Anopaia. Per chiudere questa potenziale via di aggiramento distaccò un contingente di mille uomini, in gran parte Focesi.
Serse non credeva che un esercito di poche migliaia di uomini gli si potesse opporre, e diede ai Greci cinque giorni per ritirarsi. Vista l'ostinazione promise a Leonida la carica di satrapo dell'Ellade, qualora si fosse arreso e per tutta risposta si senti dire che era già re e non intendeva diventare satrapo.
Nel frattempo la flotta non riusciva ad avanzare, bloccata dalle veloci navi ateniesi a capo Artemisio dove lo stratega era Temistocle.
È celebre un piccolo aneddoto: alcuni disertori dell'esercito persiano (per lo più Greci arruolati con la forza) avevano dichiarato che i Persiani erano così tanti da oscurare il sole con le loro frecce; gli spartani risposero «Bene, allora combatteremo nell'ombra». Questa frase venne attribuita da Erodoto a un soldato spartano di nome Dienece, del quale ricorda il coraggio nel pronunciare tali parole.
Informato degli intoppi via mare, Serse si concentrò sull'avanzata via terra e attaccò con due contingenti, scelti in gran parte tra coloro che avevano perso dei parenti a Maratona.
I Persiani attaccavano la postazione greca a gruppi di 10.000 soldati per volta tentando assalti frontali con frecce e corte lance, ma non riuscivano a rompere le formazioni degli opliti Greci, armati di lunghe lance. La prima ondata ad arrivare sui Greci fu quella dei medi comandata da Tigranes, che assaltarono con entusiasmo ma furono respinti. Gli spartani infatti, posti in prima linea, formavano tutti uniti un muro di scudi e picche impenetrabile e respinsero con violenza gli assalitori, che arretrarono subendo gravi perdite. La seconda ondata fu dei cissi provenienti da Susa equipaggiati con un grande scudo ma anche loro fallirono miseramente. Tentarono anche di aggirare il nemico dal lato della costa, coprendo lo sbarco con un massiccio lancio di frecce lungo la costa, ma molti caddero a causa delle zone paludose, che non permettevano di approdare con facilità. Così dovettero abbandonare anche questa tattica. I Persiani avrebbero potuto tentare di colpire i Greci con giavellotti e frecce, ma la carica frontale sembrò la soluzione più rapida e, forse, l'unica che potesse essere adottata, in quanto i Greci avrebbero potuto avanzare per colmare la distanza con un eventuale schieramento di arcieri, tornando ad una situazione di lotta corpo a corpo. Il giorno successivo Serse schierò in campo le sue truppe migliori, i diecimila Immortali, comandati da Idarne, che non ebbero maggior fortuna. I Greci combattevano a turno, concedendosi un po' di riposo da quel massacro, si accasciavano a terra sudati e sporchi di sangue per poi rialzarsi e tornare a combattere.
Resosi conto delle difficoltà dell'avanzata, Serse - che era convinto di sfondare via mare - si decise ad usare il sentiero dell'Anopaia, che sicuramente già conosceva, ma che non voleva usare ben sapendo delle difficoltà di una manovra notturna. Fu un pastore di nome Efialte che guidò i Persiani sul sentiero (venne ucciso in seguito da un sicario dopo che fu posta una taglia sulla sua testa).
La strada era difesa dai focesi che erano stati distaccati su quel passo due giorni prima. Essi però non si aspettavano un attacco dei persiani per cui, quando furono attaccati dagli Immortali di Serse, offrirono una ben debole resistenza, preferendo difendere la strada per la Focide, consentendo ai Persiani di avanzare incontrastati.
Leonida riunì il consiglio di guerra, del quale a noi è giunta questa versione:
Il re spartano ordinò agli alleati greci di ritirarsi dato che lo scacchiere sulle Termopili era perduto decidendo di limitare il sacrificio agli spartani, i quali non si ritirano mai; con loro i tebani, di cui Leonida non sapeva se fidarsi o meno, i quali non potevano certo tornare nella loro città alleata dei persiani e di utilizzare nella retroguardia i tespiesi che vollero rimanere per scelta. C'era poi la profezia dell'oracolo di Delfi, il quale aveva presagito che per salvare Sparta e quindi tutta la Grecia si doveva piangere un re lacedemone.
« La versione è poco verosimile per diversi motivi: le maldicenze nei confronti dei tebani di Leonziade furono smentite dal fatto che essi vennero trucidati finita la battaglia o resi schiavi; l'obbligo di non retrocedere degli spartani venne smentito dai comandanti Euribiade e Pausania, per i quali la ritirata strategica faceva parte della loro condotta bellica. [...] i greci si erano lasciati da tempo indietro qualsiasi atteggiamento bellico caratteristico dei popoli primitivi e dell'età eroica.
Quindi probabilmente fece un errore di valutazione, credendo non percorribile dalle forze di Idarne il sentiero dell'Anopaia, pensò ad un percorso di accerchiamento più a sud dove inviò gli alleati ad intercettarlo, tenendo le truppe migliori a presidiare il passo.»
Quando Serse intimò agli ultimi oppositori greci di arrendersi e consegnare le armi, re Leonida rispose sprezzante con una sola frase: "Μολὼν λαβέ", "Venite a prendervele!". Al rifiuto della resa dei greci, i persiani risposero sferrando loro l'ultimo decisivo assalto, sicuri che Idarne avrebbe attaccato alle spalle. Lo scontro fu più deciso e costò la vita a Leonida che si trovava naturalmente in prima linea e a due fratelli del "re dei re". Gli spartani e i tespiesi superstiti si rifugiarono sul colle Kolonos, che sovrastava le Termopili dove tentarono di resistere proteggendo il corpo del loro re caduto. Verso mezzogiorno giunse anche Idarne e Serse ordinò che i superstiti fossero finiti con le frecce per non perdere altri uomini.
Secondo Erodoto la testa di Leonida venne affissa ad una picca, per vendetta nei suoi confronti e come atto intimidatorio per i greci; secondo altri il corpo del re spartano venne recuperato e sepolto a Sparta con tutti gli onori. Sorte non migliore ebbero i tebani che rimasti intrappolati sul muro focese, dopo aver combattuto isolati, si arresero per venir marchiati a fuoco e resi schiavi.
I cronisti greci stimano che complessivamente più di ventimila furono i morti tra i persiani, compresi due fratelli di Serse (Habrocomes e Hyperanthes). Erodoto ci tramanda che tra i guerrieri greci due sopravvissero al massacro delle Termopili. Uno dei due, Pantite, si suicidò per la vergogna e il disonore, mentre l'altro di nome Aristodemo tornò a Sparta. In patria però il sopravvissuto venne disprezzato e rinnegato da tutti, e fu anche accusato di codardia. Nonostante ciò Erodoto ci dice che Aristodemo riuscì a riscattarsi un anno dopo, cercando disperatamente una morte gloriosa nella vittoriosa battaglia di Platea.
Il sacrificio dei 300 spartani e dei 700 tespiesi presso le Termopili non fu vano. Esso consentì ai Greci di riorganizzare le difese e di sconfiggere durante quell'autunno e la primavera successiva l'esercito persiano presso Salamina e Platea.
Oggi sul luogo della battaglia esiste un monumento moderno dedicato al re Leonida ed ai suoi guerrieri. Su di esso vi sono incise le parole che il re Leonida pronunciò in risposta ai persiani che intimavano la consegna delle armi:
« Venite a prendervele! »
Mentre allora venne eretta una statua raffigurante un leone, nel luogo dove morì Leonida, per commemorare il suo sacrificio e quello dei suoi uomini.
Inoltre nello stesso sito fu posta una stele di pietra con dei versi attribuiti al poeta Simonide che riportava le seguenti parole:
(GRC)
« ὦ ξεῖν', ἀγγέλλειν Λακεδαιμονίοις ὅτι τῇδε
κείμεθα τοῖς κείνων ῥήμασι πειθόμενοι »
(IT)
« O viandante, annuncia agli Spartani che qui
noi morimmo obbedienti al loro comando. »
(Erodoto, Storie, vii.228)
Questi versi li possiamo leggere ancora oggi, incisi su di una lapide moderna posta sulla cima della collina di Kolonos, dove avvenne l'ultima disperata resistenza.
Contemporaneamente agli eventi delle Termopili si combatté la battaglia navale del capo Artemisio che si concluse con esito incerto. In seguito a ciò le navi greche furono indotte a ritirarsi ed i persiani ne approfittarono per prendere il controllo del mare Egeo e di tutta la Grecia fino all'Attica; gli spartani si prepararono a difendere l'istmo di Corinto ed il Peloponneso. Serse saccheggiò Atene che nel frattempo era stata abbandonata dai suoi abitanti, rifugiatisi sull'isola di Salamina. In settembre i greci e i persiani si scontreranno nuovamente nella Battaglia di Salamina.
L'INTERESSE DEI MEDIA PER LA BATTAGLIA DELLE TERMOPILI
La battaglia delle Termopili, essendo una battaglia combattuta da pochi uomini contro un grande esercito, ha una sua innegabile potenza evocativa e viene spesso ricordata dai media.
- Nel 1962 ne venne realizzato un adattamento cinematografico chiamato The 300 Spartans.
- Il famoso scrittore di fumetti Frank Miller ha pubblicato un'opera intitolata 300 che si ispira alla sorte dei 300 spartani che si sacrificarono insieme al proprio re, e che è una libera e violenta trasposizione del film del 1962, visto dal Miller bambino. Da questo fumetto è stato a sua volta tratto l'omonimo film prodotto nel 2006 e distribuito nel 2007.
- Il fumetto di Miller è stato infine oggetto di una parodia realizzata da Leonardo (Leo) Ortolani nel fumetto Rat-Man (n° 62 e 63).
- Nel fumetto Mort Cinder il protagonista vive un'avventura in cui partecipa a questa battaglia e sopravvive.
- Nel film L'ultimo samurai del 2003 il protagonista, Capitano Nathan Algren, parlando con il samurai Katsumoto, cita la battaglia quale grande esempio di coraggio e onore.
- Molti sono i romanzi che narrano i fatti avvenuti presso il passo delle Termopili. Tra questi quello di Andrea Frediani 300 Guerrieri, Le Porte di Fuoco di Steven Pressfield e Lo scudo di Talos di Valerio Massimo Manfredi il cui perno della trama ruota in parte anche su questo evento storico.
- Il numero 226 (febbraio 1986) del fumetto americano Uncanny X-Men è intitolato "Go tell the Spartans", in quanto i protagonisti della serie si sacrificano per fermare l'Avversario (in italiano è stato pubblicato da Star Comics nel numero 30 de "Gli Incredibili X-Men" col titolo "Ditelo a Sparta" nel dicembre 1992).
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